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Dipendenza della risposta dallo stimolo

Al variare dello stimolo cambia ``in genere'' la risposta dello strumento. Il più delle volte il cambiamento dell'uscita non è istantaneo, ma richiede un tempo di risposta, definito come l'intervallo di tempo fra l'instante in cui il segnale di ingresso ha avuto un ben definito cambiamento improvviso e l'istante in cui il segnale di uscita raggiunge, entro determinati valori, e conserva il suo valore finale a regime. In alcuni strumenti in cui la risposta raggiunge il valore finale tramite una legge esponenziale del tipo

$\displaystyle U(t)=U_{new}+\left[U_{old}-U_{new}\right] e^{-t/\tau}\,,$ (1.7)

la costante $ \tau$, che ha le dimensioni del tempo, viene chiamata costante di tempo. Ponendo $ t=\tau$ nella ([*]) si verifica che essa rappresenta il tempo necessario affinché la differenza iniziale $ U_{old}-U(t)$ si riduca di $ 1/e\approx 0.37$ di quella iniziale. Un esempio di strumento che si comporta in questo modo è il termometro. La velocità di adeguamento dello strumento alla nuova situazione è legata alla caratteristica di prontezza. Mentre è va da sé che uno strumento esageratamente lento è inadeguato, non è detto che una prontezza elevatissima ( $ \tau \rightarrow 0$ in un modello di risposta esponenziale) sia una qualità desiderabile. A volte è preferibile uno strumento lento, in quanto esso ``filtra'' fluttuazioni rapide di indicazione che non sono interessanti ai fini della misura.

Per quanto riguarda invece la dipendenza della risposta dallo stimolo, essa è data dalla caratteristica di trasferimento (o di risposta), esprimibile mediante una relazione matematica, una tabella numerica o un grafico (vedi figura [*]).

Figura: Caratteristica di risposta di uno strumento.
\begin{figure}\centering\epsfig{file=fig/dago33.eps,width=10cm,clip=}\end{figure}

Essa può dipendere anche dalle condizioni di lavoro.

Il rapporto fra il cambiamento di risposta diviso il corrispondente cambiamento dello stimolo (sufficientemente piccolo) definisce la sensibilità dello strumento. Dal punto di vista matematico la risposta è legata alla derivata della curva caratteristica di risposta:

Sensibilità$\displaystyle = \frac{\mbox{d\,Risposta}}{\mbox{d\,Stimolo}} \left(= \frac{\mbox{d\,Uscita}}{\mbox{d\,Ingresso}}\right)\,.$ (1.8)

Per esempio un voltmetro analogico il cui ago si sposta lungo la scala di una divisione su una scala avente una spaziatura di 1 mm al variare di 10 mV della tensione ha una sensibilità di

$\displaystyle S = \frac{\mbox{d}s}{\mbox{d}V} \approx \frac{\Delta s}{\Delta V}...
...mV}} = 0.1\, \frac{\mbox{mm}}{\mbox{mV}} = 10^2\, \frac{\mbox{mm}}{\mbox{V}}\,.$ (1.9)

La sensibilità può dipendere dal valore del misurando e quindi in generale occorre specificare a quale valore si riferisce. Ad esempio il multimetro analogico utilizzato con un certo settaggio nella configurazione ohmetro ha una sensibilità che decresce con il valore del valore (``le tacche si infittiscono'').

Nei tratti in cui la sensibilità è costante l'andamento della curva di risposta è lineare (vedi figura [*]). Negli strumenti con scala lineare la sensibilità è pari al rapporto fra la spaziatura della scala (espressa in mm) e l'intervallo di scala (espresso in unità di misura della grandezza fisica). Ad esempio consideriamo un termometro clinico a mercurio la cui colonnina si alza di 10 cm (la lunghezza di scala) quando l'indicazione varia fra la temperatura minima di 35 e e la massima di 42 $ ^\circ$C (estensione di scala di 7 $ ^\circ$C). Poiché la curva di risposta è lineare, la sensibilità del termometro è di 1.43 cm/$ ^\circ$C.

Non sempre una variazione dello stimolo si ripercuote in una variazione della risposta. A volte, ad esempio a causa di attriti, l'ingresso può variare senza produrre variazioni della risposta. Si definisce allora soglia di discriminazione la più grande variazione di segnale di ingresso che non provoca variazione percepibile della risposta, a condizione che la variazione sia lenta e monotòna. Quando invece si considera l'intervallo massimo all'interno del quale si può far variare il segnale di ingresso nei due sensi senza provocare variazione della risposta si parla di zona morta. A volte si aumenta volontariamente la zona morta per evitare la variazione di risposta dovuta a piccole variazioni dell'ingresso. Un buon esempio, anche se non direttamente legato alle misure, è quello del volante di un'auto. Lo stimolo è la rotazione del volante. La risposta è il cambiamento di direzione delle ruote. Per evitare variazioni continue di direzione dovuto a piccoli movimenti delle mani viene appositamente progettata una zona morta tale che una piccola rotazione iniziale del volante non provoca alcun cambiamento di direzione delle ruote.

A volte invece non si osserva una variazione della risposta dello strumento, anche se essa può essersi verificata, in quanto non percepibile. La caratteristica dello strumento legata a questa eventualità è la risoluzione. Essa è definita come la più piccola differenza di indicazione di un dispositivo che può essere percepito in maniera significativa. Mentre nel caso di scale digitali la risoluzione è uguale all'incremento digitale, nel caso di scale analogiche essa dipende dall'osservatore, dalla spaziatura della scala e dalle condizioni di lavoro ed è generalmente dell'ordine ``dei decimi'' di intervallo di scala (ovvero della variazione di valore corrispondente ad una divisione). Ad esempio viene comunemente accettato che uno sperimentatore possa risolvere la posizione di una divisione con una risoluzione di 1/5 di divisione, ovvero che egli possa decidere con la ``quasi certezza'' se l'ago è all'interno di un intervallino di larghezza 0.2 divisioni. È quindi raccomandabile di provare a stimare i decimi e di dare successivamente alla lettura un'incertezza che dipende dalla propria capacità di stima (vedi [*]).

È da notare inoltre l'uso pecululiare del termine risoluzione, analogo a quello di precisione: minore è la grandezza che si riesce a risolvere, maggiore è la risoluzione dello strumento. Ad esempio, un microscopio elettronico ha una risoluzione molto maggiore di un microscopio ottico.


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Giulio D'Agostini 2001-04-03