Sunto di "Why does the meter beat the second?", di Paolo Agnoli e Giulio D'Agostini.

Perché il metro batte il secondo?

Ovvero, Perché le oscillazioni di un pendolo semplice lungo un metro durano quasi esattamente un secondo?

Sebbene le definizioni originarie di metro e secondo siano indipendenti, è curioso constatare che un pendolo semplice di lunghezza unitaria (nel Sistema Internazionale) compie oscillazioni di tempo unitario (ovvero, e più precisamente, il semiperiodo di tale pendolo vale 1.003 secondi per un'accelerazione di gravità di riferimento di 9.80 m/s2). Ed è anche curioso constatare come perfino la maggior parte dei fisici e filosofi delle scienza non si sono apparentemente accorti di tale sorprendente coincidenza numerica.

L'articolo tenta di far luce su tale questione e, in conclusione, propone la tesi che alla base del metro definito sul meridiano terrestre ci fosse in verità il pendolo che batte il secondo. (Il fatto che oggigiorno metro e secondo siano definiti in altro modo, ed in effetti il metro è attualmente derivato dal secondo e dalla velocità della luce nel vuoto, è irrilevante ai fini di tale tesi.)

L'articolo ha un'impostazione interdisciplinare e analizza sia aspetti fisici e metrologici che aspetti storici e sociologici. Infatti, all'epoca in cui fu 'inventato' il metro, la ricerca di unità di lunghezza universale era sentita, prima ancora che come un'esigenza prettamente scientifica, come un problema pratico di primaria importanza, tale era il caos metrologico alla fine del XVIII secolo, soprattutto in quei territori che oggi compongono la Francia.

Nei prossimi cinque paragrafi presentiamo un breve riassunto dell'articolo, ma avvertiamo senz'altro il lettore che per una trattazione rigorosa della nostra tesi deve necessariamente riferirsi all'originale documento in lingua inglese.

1. Introduzione

Come noto attualmente l'unità di lunghezza nel Sistema Internazionale è una unità derivata, legata all'unità di tempo attraverso la velocità della luce, assunta costante e di valore esatto c = 2999 792 458 m/s (il metro è così il tragitto percorso dalla luce nel vuoto nella frazione 1/299792458 di secondo).

L'unità di tempo è definita attraverso il periodo di una ben definita lunghezza d'onda (il secondo è infatti la durata di 9 192 631 770 periodi della radiazione emessa dall'atomo di Cesio 133 nella transizione tra i due livelli iperfini dello stato fondamentale).

I fattori di proporzionalità che legano il metro e il secondo convenzionali a quantità più fondamentali e riproducibili sono stati scelti per rendere ovviamente compatibili queste unità con quelle originarie del sistema metrico, sistema ideato e prodotto in piena Rivoluzione Francese. In quel sistema il secondo era definito come la frazione 1/86400 del giorno solare medio ed il metro era legato al meridiano terrestre (ovvero un decimilionesimo della distanza tra il Polo Nord e l'Equatore sulla superficie della Terra). Perciò agli inizi il metro e il secondo non erano formalmente legati l'uno all'altro.

È davvero curioso scoprire allora che un pendolo semplice lungo un metro batte virtualmente il secondo, nel senso che ogni sua oscillazione (metà del periodo) dura approssimativamente un secondo.

Con un semplice esercizio si può mostrare che non c'è nessuna connessione fisica tra le due quantità. Le sole spiegazioni sono quindi una semplice, seppur davvero particolare coincidenza, o il fatto che in qualche maniera anche il primo metro era in realtà una unità derivata (benché mai esplicitamente affermato in documenti ufficiali), nel senso che quella particolare frazione di quel particolare parametro della Terra fu scelta per avvicinarsi il più possibile in maniera approssimata alla lunghezza del pendolo che batte il secondo.

Per capire quanto ragionevole sia l'ipotesi di un metro originario derivato, abbiamo durante la nostra ricerca ricostruito le vicende che portarono alle diverse proposte di una unità di misura presa dalla natura. Abbiamo così appreso una interessante storia circolare, che inizia e finisce con il secondo. Agli inizi l'unità di lunghezza era legata al secondo dalla accelerazione gravitazionale, presa ad un certo punto di riferimento sulla superficie terrestre. Ora il metro è legato al secondo attraverso la velocità della luce. Nel mezzo (ed agli inizi in qualche maniera in parallelo) ci sono stati i diversi tentativi di definire una unità di lunghezza che non dipendesse da nessun'altra grandezza: inizialmente dalle dimensioni della Terra; quindi da una barra di platino, poi dalla lunghezza d'onda di una ben definita radiazione elettromagnetica.

La relazione attuale tra il metro e il secondo è di dominio comune, almeno fra gli addetti ai lavori. Molto meno conosciuto è il fatto che, prima che l'Accademia delle Scienze francese proponesse una definizione del metro come frazione del meridiano terrestre, molti studiosi avevano considerato come l'unità più adatta la lunghezza del pendolo del secondo (noto anche come 'pendolo dei secondi', 'pendolo-secondo' o 'pendolo al secondo').

Ciononostante nella primavera del 1791 ci fu una vera e propria rivoluzione metrologica all'interno della Rivoluzione Francese. Il risultato fu una unità di lunghezza uguale a un quadrante del meridiano terrestre (con una unità pratica uguale ad un conveniente sottomultiplo decimale, ovvero 1/10 000 000).

2. Pendolo del secondo

La prima tappa della storia della metrologia, iniziata davvero agli albori della civiltà e conclusa, si può dire, solo con la nascita della scienza moderna, è stata sicuramente caratterizzata da unità di lunghezza di tipo antropomorfico e da grande eterogeneità.

Al suo interno questa tappa è composta da una prima fase in cui le unità di misura sono individuate da rappresentazioni soggettive e da un periodo successivo in cui siamo ormai in presenza di concetti astratti.

Anche quando si arrivò a concepire le grandezze in maniera astratta comunque, non vennero affatto eliminate le differenze nello stabilire il valore delle relative unità, a seconda delle regioni o del tempo. È con il completo affermarsi del metodo sperimentale da una parte e la spinta alla collaborazione internazionale dall'altra che, nel XVIII secolo, venne per la prima volta fortemente sottolineata la necessità di disporre di unità di misura unificate in sostituzione dell'enorme numero di unità in uso nei diversi paesi e regioni.

Questa è sicuramente una delle ragioni che spinse diversi studiosi e scienziati a ricercare unità che non fossero arbitrarie come qualsiasi materializzazione delle parti del corpo umano. Standard presi dalla natura erano visti da tempo come una possibilità di raggiungere una riforma accettabile da tutte le nazioni.

L'idea di basare unità di lunghezza sulla natura era stata infatti sostenuta ben prima di raggiungere il successo con l'avvento della Rivoluzione. Benché vi fossero state anche proposte di legare l'unità alle dimensioni terrestri, la proposta che aveva avuto il maggior consenso era stata quella di un pendolo che oscillava con un dato e ben definito periodo.

Ciò non è affatto sorprendente. Dopo le prime intuizioni e gli importantissimi studi pionieristici di Galileo Galilei alla fine del XVI secolo e le successive sistematiche ricerche sperimentali e teoriche di molti scienziati durante il XVII secolo, le proprietà del pendolo erano ben conosciute e il primo orologio a pendolo, realizzato da Christan Huygens, batteva dal 1657.

Va ricordato per inciso che a quel tempo poi non vi era ormai nessun dubbio su quale unità di tempo scegliere. La rotazione della Terra aveva da tempi antichissimi fornito un riferimento a tal riguardo. Le ore scaturiscono dalla suddivisione del giorno in 24 tappe (12 durante la parte diurna e 12 durante quella notturna) fatta per prima dagli antichi egizi, e che ha le sue radici nella cultura degli antichi babilonesi. La suddivisione delle ore in 60 minuti di 60 secondi era divenuta di uso comune dopo che gli astronomi medioevali l’avevano introdotta nel 1200, in analogia alla antica suddivisione del grado in 60 minuti di 60 secondi.

Già nel 1660 la Royal Society aveva proposto di legare le unità di tempo e lunghezza tramite pendoli con precise oscillazioni di tempo, su suggerimento ripreso da Huygens e Ole Romer.

Una proposta (forse) indipendente fu avanzata dall'agordino Tito Livio Burattini nel 1675, dove egli propose di chiamare questa unità metro e di legare differenti unità in un sistema completo.

Uno tra i membri dell'Assemblea Nazionale di Francia era il vescovo di Autun, Charles Maurice de Talleyrand-Perigord, conosciuto semplicemente col nome di Talleyrand. Talleyrand nell'aprile del 1790 presentò un progetto basato su un'unità di lunghezza determinata da un pendolo che batteva secondi di tempo a 45 gradi di latitudine.

Solo pochi mesi più tardi un Plan for establishing uniformity in the Coinage,Weights, and Measures of the United States fu presentato all'altra sponda dell'Atlantico alla House of Representatives dal segretario di stato americano Thomas Jefferson (futuro terzo presidente degli Stati Uniti). Anche qui l'unità di lunghezza era basata sulle regolari oscillazioni di un pendolo.

Un'analoga riforma del sistema di pesi e misure fu discussa nello stesso periodo nel parlamento britannico, in particolare basata su una proposta di unità di lunghezza ricavata dal pendolo del secondo, ovviamente alla latitudine di Londra, avanzata da John Riggs Miller.

Ma, soprattutto a causa di problemi politici, e tra di essi certamente l'autonoma scelta francese a favore del meridiano, i progetti basati sui pendoli furono messi da parte.

In ogni caso è evidente che la lunghezza del pendolo del secondo era perfettamente conosciuta in Francia e nel mondo, spesso legata al lavoro di famosi scienziati e studiosi come Isaac Newton, Marin Mersenne, Giovan Battista Riccioli, Jean Picard, Jean Richer, Gabriel Mouton, Huygens, Jean Cassini, Nicolas Louis de Lacaille, César-François Cassini de Thury and Charles de La Condamine.

Per esempio nel 1740 Lacaille and Cassini de Thury avevano misurato la lunghezza del pendolo del secondo a Parigi (48 gradi 50 primi di latitudine), ottenendo un valore di 440.5597 linee corrispondenti a 99.383 cm (il piede reale di Parigi, 32.4839 cm, era diviso in dodici pollici, di 27.0699 mm, ognuno di 12 linee, di 2.25583 mm). Lo stesso Newton aveva stimato questa lunghezza a diverse latitudini tra 30 e 45 gradi : a 45 gradi il valore risultò di 440.428 linee, ovvero 99.353 cm.

Una misura all'equatore fatta da La Condamine durante una spedizione in Perù aveva fornito il valore di 439.15 linee (99.065 cm).

3. Le unità di lunghezza basate sulla Terra e la nascita del sistema metrico decimale

Alla metà del 1790 si era quindi creata una forte convergenza internazionale su una unità di lunghezza basata sul pendolo del secondo. Cionondimeno, agli inizi della primavera dell'anno seguente una differente unità di lunghezza fu scelta dall'Accademia Francese, segnando così la fine del pendolo del secondo e causando un arresto nella cooperazione internazionale sulle unità di misura.

In linea con lo stile rivoluzionario il processo fu davvero rapido.

L'Accademia delle Scienze formò due commissioni. La prima si occupò dell'adozione di una scala unica per tutte le misure, i pesi e le monete. La seconda - a cui parteciparono studiosi quali Jean Charles Borda, Pierre Simon de Laplace, Joseph Louis Lagrange, Gaspard Monge, Antoine-Nicolas Caritat de Condorcet e, in una prima fase, Antoine Laurent Lavoisier - avrebbe dovuto scegliere l'unità di lunghezza.

Le commissioni (ricordiamo anche che la prima era composta da Borda, Condorcet, Lagrange, Laplace e Mathieu Tillet) effettuarono numerose ricerche e presentarono i loro rapporti il 27 ottobre 1790 e il 19 marzo 1791. Nel primo di essi si sollecitava l'adozione di un sistema decimale. Nel secondo veniva consigliata unità equivalente a un decimilionesimo della distanza tra il Polo Nord e l'Equatore.

La scelta fu fatta tra le tre unità che apparivano in quel momento le più adatte. Il pendolo che batte il secondo a 45 gradi di latitudine, il quarto dell'Equatore o, appunto, del meridiano terrestre.

Il quarto di Equatore fu respinto principalmente perché considerato difficile da misurare ed in qualche modo non democratico (gli studiosi affermano nel documento che tutti i popoli appartengono a uno dei meridiani terrestri, ma che solo una parte di essi vive lungo l'equatore).

Il pendolo venne respinto dopo una lunga discussione, ma il rapporto essenzialmente non fornisce nessuna specifica debolezza di questa proposta, giustificando il quarto di meridiano soltanto in termini di naturalezza, così come percepito da Condorcet e colleghi.

Va tuttavia messo in luce che ci fu una forte resistenza da parte di coloro che preferivano il pendolo.

4. La determinazione della lunghezza del metro

La misura delle dimensioni della Terra era stato un bel problema per secoli, da quando ci si rese per prima conto che la Terra è sferica, ovvero almeno dal sesto secolo a.C. La stima antica più famosa è quella dovuta ad Eratostene (276-195 a.C.), che riportò un valore di 250 000 stadi, cioè circa 40 000 chilometri, se prendiamo un valore di 159 metri per lo stadio (visti l'incertezza sui valori dello stadio e gli errori di misura tale risultato deve ritenersi comunque alquanto fortuito).

L'idea alla base del procedimento di misura è comunque piuttosto semplice: se si è capaci di misurare, o stimare in qualche maniera, la lunghezza di un arco di meridiano (s) e la sua apertura angolare (α), la lunghezza del meridiano può essere determinata come 360o × s/α, se si assume una forma circolare del meridiano. L'angolo α può essere determinato da osservazioni astronomiche, la lunghezza s in vari modi, dipendentemente dalla tecnologia dell'epoca - nel XVIII secolo era ben conosciuto il metodo della triangolazione.

In effetti i risultati delle misure di lunghezza dell'arco unitario di meridiano in Europa divennero sempre più accurati e in accordo fra di loro, e si mostrarono anche in buona consistenza con misure più antiche. Per esempio si può citare che a cavallo tra il 1739 e il 1740 Cassini de Thury e Lacaille misurarono l'arco di meridiano che attraversa la Francia passando per Parigi, e questo risultato mostrò che la lunghezza di un grado di meridiano era di circa 57027 tese (una tesa era lunga 1,949 metri, ovvero sei piedi).

Da tale misura scaturisce un valore per il metro di 443,44 linee - una differenza di tre linee (poco più di 5 mm) rispetto alla lunghezza del pendolo del secondo. E ciò era sicuramente conosciuto da Borda e colleghi.

Comunque, a parte gli errori sperimentali, il valore di 443,44 linee era anche influenzato dalle incertezze dovute alla forma della Terra.

A quel tempo gli scienziati erano piuttosto confidenti sulla forma ellittica dei meridiani, risultante dallo schiacciamento della Terra ai poli.

Da quando per primo Newton aveva ipotizzato che il nostro pianeta doveva essere un ellissoide di rotazione con il raggio equatoriale più grande del raggio polare, furono fatti molti tentativi per confermare questa ipotesi.

Molte misure erano state eseguite durante il XVIII secolo per determinare il valore dell'ellitticità. In particolare c'era stato un enorme sforzo da parte dell'Accademia Francese, che supportò misure in Francia così come spedizioni a latitudini estreme, ovvero al Circolo Polare Artico e all'Equatore.

L'Accademia Reale delle Scienze parigina aveva organizzato spedizioni in Perù (e attuale Ecuador) e in Lapponia per misurare archi di meridiani, al fine di verificare appunto quanto la forma della Terra si allontanasse da quella di una sfera. La prima spedizione, coordinata da Pierre Bouguer, Louis Godin, e La Condamine misurò un arco di 3 gradi 7 primi ad una latitudine media di 1 grado 31 primi Sud. La seconda, condotta nel nord della Finlandia da Pierre - Louis de Maupertuis, Alexis Clairaut, Charles Camus, Pierre - Charles Le Monnier e Reginald Outhier misurò un arco di 57 primi al circolo polare artico, ad una latitudine media di 66 gradi 19 primi Nord.

Possiamo a questo punto senz'altro sottolineare che la lunghezza del meridiano, e quindi di ognuna delle sue sottodivisioni, era conosciuta con una precisione relativamente alta decine di anni prima che il rapporto di Borda e colleghi fosse prodotto. In particolare, per ciò che riguarda questo articolo, era ben conosciuto che il nuovo standard di lunghezza fosse uguale alla lunghezza del pendolo del secondo entro (circa) lo 0.5 %.

Il 26 marzo 1791 l'Assemblea Costituente approvò i due iniziali rapporti presentati dall'Accademia.

La campagna di misure iniziò immediatamente dopo l'approvazione dei primi rapporti degli accademici.

Il rapporto sull'unità di lunghezza raccomandava anche di rieseguire le misure ed estendere la misura del cosiddetto meridiano di Parigi, precedentemente triangolato da Dunkerque, sul mare del Nord, fino a poco a sud di Perpignan.

Le nuove triangolazioni si dovevano estendere fino a Barcellona, sulla costa nord orientale della Spagna, ovvero circa 1070 km di arco (poco meno di 10 gradi), contro i circa 950 della misura precedente. I due astronomi incaricati della spedizione furono Jean Baptiste Joseph Delambre e Pierre Francois André Méchain. L'epica impresa è ben narrata nell'interessante libro di Ken Alder La misura di tutte le cose. L'avventurosa storia dell'invenzione del sistema metrico decimale, edito in Italia da Rizzoli.

Ultimare il lavoro di osservazioni e misure non fu faccenda di poco conto e occorsero appunto parecchi anni (dal 1792 al 1799) a Delambre e Méchain per portare a compimento questa valutazione (il metro risultò pari a 3 piedi parigini e 11,296 linee).

È interessante rilevare che le misure effettuate tra Dunkerque e Barcellona modificarono lo standard del metro, anche tenendo conto dell'elletticità, di poco meno di 0.3 mm. Confrontando il valore attuale si può anzi affermare che il nuovo risultato peggiorò leggermente la conoscenza del meridiano.

5. Conclusioni

Cerchiamo di ricapitolare la situazione in cui vennero a trovarsi gli accademici che dovevano proporre l'unità di lunghezza. Una volta che essi furono legati ad una scala decimale (decisa dalla prima commissione) ed a una unità basata sulle dimensioni della Terra, l'unità di uso pratico doveva necessariamente essere un piccolo sottomultiplo decimale di una dimensione del pianeta. Ma quale dei parametri della Terra è il più naturale nel contesto analizzato?

Per semplicità consideriamo una sfera. Per un fisico o un matematico il parametro naturale della sfera è il raggio. Tuttavia, per un meccanico il parametro naturale è il diametro, perché ciò è quello che a lui misura tipicamente in laboratorio con un calibro. Il diametro è anche il parametro conveniente per una sfera vista da molto lontano (come potrebbe essere un pianeta). Ma se prendiamo una palla di calcio, nessuno di questi due parametri è "naturale". Non è un caso che le leggi della FIFA stabiliscono la grandezza della palla dalla sua circonferenza, dato che essa può facilmente essere misurata con un metro a nastro.

E' un dato di fatto poi che a quei tempi era praticamente impossibile fare misure immediate e dirette di qualsiasi lunghezza legata alle dimensioni della Terra. Si potevano realizzare misure locali ed estendere i risultati alla grandezza di interesse, assumendo un modello geometrico della Terra. Tuttavia, una volta che un modello geometrico è definito, diventa irrilevante quale parametro considerare come unità, il meridiano, l'equatore o la distanza tra i poli ed il centro della Terra.

E perché poi fu scelto il quarto di meridiano, e non il meridiano stesso? Il documento presentato dagli studiosi non da nessuna giustificazione di questa scelta, come se tutte le altre possibilità fossero fuori questione. E ciò è davvero strano. Il meridiano come unità di lunghezza non aveva nessuna tradizione, e non c'era mai stata alcuna discussione su quale sottomultiplo utilizzare.

Quali avrebbero potuto essere le alternative? Sottomultipli della lunghezza del meridiano, per esempio una parte su 10 000 000 o 100 000 000, avrebbero condotto a un "metro" di 400 o 40 dei "nostri" centimetri. Il primo è certo troppo grande, ma il secondo è del tutto appropriato per gli usi quotidiani, e, infatti, cade in un intervallo di lunghezza meglio apprezzato dalle persone (una delle critiche al metro, ben nota per esempio nei paesi di cultura anglo-americana, è che esso è molto meno naturale del piede).

In verità fra tante possibili scelte di unità basate sulle dimensioni della Terra quella effettuata approssima al meglio la lunghezza del pendolo del secondo. La ragione di tale scelta potrebbe essere stata quella di un compromesso con gli strenui difensori del pendolo. O potrebbe essere accaduto che, dato che gli studiosi avevano in mente una qualche 'cooperazione' tra la nuova unità e un pendolo avente una determinata lunghezza. Scegliere una unità vicina al ben conosciuto pendolo del secondo ne avrebbe semplificato le interazioni reciproche.

Resta il fatto che la scelta del metro come frazione del meridiano fu vista, in particolare da inglesi e americani, come un atto di prepotenza dei francesi. Ciò ruppe la collaborazione internazionale e, dopo due secoli, ne portiamo ancora dietro le conseguenze. Il metro di Burattini, a nostro avviso, sarebbe stata per quei tempi una scelta decisamente più felice.


Originale in inglese del documento.