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Scrivendo questa nota ho cercato di venire incontro
a tutti coloro che trovano motivi di insoddisfazione
nella trattazione dei cosiddetti ``errori di misura'':
studenti poco convinti di quanto viene loro insegnato,
in quanto spesso privo di consistenza logica e di
corrispondenza con l'esperienza di laboratorio;
laureandi e neolaureati
che, inseriti nella ricerca, sia pura che applicata,
sperimentano l'inadeguatezza dei metodi appresi
per far fronte alle analisi complesse che si presentano
e sono confusi dalle tante ``ricette monouso'', spesso
contraddittorie, che trovano in libri, note tecniche e articoli;
ricercatori che, delusi
dall'incongruenza fra teoria e pratica,
affermano francamente di non
usare la statistica o, addirittura, di non essere interessati
al ``calcolo degli errori''; docenti universitari che si
rendono conto, specialmente se interagiscono con ambienti
di ricerca internazionali, che le cose stanno cambiando
ed in effetti provano a riaggiornare i corsi, pur
ostacolati dalla mancanza di testi validi e da colleghi
con i quali devono interagire per uniformità di programma;
insegnanti delle scuole medie superiori in dubbio su
come comportarsi nei
corsi di laboratorio
e indecisi se affrontare o meno il discorso delle incertezze di misura,
con quali metodi e a quale livello.
Questo lavoro è basato sull'esperienza acquisita nella
ricerca (nel campo della Fisica
Subnucleare) e nell'insegnamento,
arricchita da interazioni,
dirette o indirette, con metrologi e probabilisti,
da discussioni con colleghi di diverse nazionalità e
dal feedback ricevuto in
seminari e corsi di perfezionamento impartiti in Italia
e all'estero.
Negli ultimi anni ho anche beneficiato
di contatti con gli insegnanti dell'AIF
(Associazione per l'Insegnamento della Fisica) di
Roma e con gli studenti del
Corso in Perfezionamento in Didattica della Fisica.
La trattazione non pretende di avere nessun
carattere di completezza. Ha però
il vantaggio di offrire una vista d'insieme che permette
al lettore la possibilità di
confrontare i metodi che vengono criticati con quento viene proposto.
E' pertanto opportuno fare alcuni chiarimenti preliminari sul taglio
del lavoro e sulle conoscenze che si presuppongono
da parte del lettore.
- L'impostazione della parte di rassegna critica è deliberatamente
provocatoria, con la speranza di suscitare le reazioni di chi non
condivide questo punto di vista e di innescare un dibattito
costruttivo su eventuali temi
controversi dal quale beneficiare tutti, studenti in primo luogo.
- Una trattazione delle incertezze di misura che fornisca
soltanto formule
pratiche, anche se ritenute ragionevoli dai più e supportate dalle
raccomandazioni delle massime organizzazioni di metrologia,
costituisce una costruzione vacillante se non si presenta
in modo coerente, con delle basi sulle quali eventualmente convenire
e dalle quali derivare le consequenze logiche.
- Le basi di partenza di questa impostazione sono semplicemente:
- la constatazione dell'inevitabile
stato di conoscenza incertezza cui l'induzione
dà luogo
(ricollegabile alla famosa ``critica di Hume'' di tale processo);
- l'accettazione della
validità del concetto di probabilità per
classificare la plausibilità delle affermazioni quando
si è in
stato di incertezza (riconducibile alla visione originale
di probabilità la quale è
stata ripresa e consolidata dopo i primi decenni di questo secolo
ed è attualmente nota come ``soggettiva''
o ``bayesiana'').
Una volta accettati questi presupposti, tutto il resto viene
derivato come conseguenza logica. Si tratta soltanto
di formalismi, approssimazioni ed eventuali
scorciatoie per semplificare la trattazione
dei normali problemi di routine.
- Si presuppone che il lettore sia
già stato esposto
alla problematica dell'incertezza di misura e che
abbia una conoscenza elementare
del calcolo delle probabilità.
In particolare,
si assume che egli abbia le nozioni di base
per trattare le variabili casuali (``
'',
``
E
'', ``
'', distribuzione uniforme e normale).
Alcuni di questi concetti verranno reinterpretati alla luce
della probabilità soggettiva, ma i risultati formali
del calcolo delle probabilità sono gli stessi dell'approccio
convenzionale.
- Anche se il concetto di funzione densità di probabilità è
importante per capire il ragionamento che si svilupperanno, la parte
applicativa farà uso solo di deviazioni standard,
in quanto l'ipotesi di normalità (distribuzione gaussiana)
è spesso soddisfacentemente soddisfatta nei casi di routine.
Anche il teorema di Bayes, sul quale
sarà basato il processo di aggiornamento della conoscenza,
sarà scavalcato con argomentazioni intuitive.
- Venendo alle applicazioni della cosiddetta inferenza bayesiana
all'incertezza di misura, saranno mostrate procedure
alternative a quelle criticate nella parte iniziale.
Molti riconosceranno metodi che già conoscono
e usano, spesso visti però come una tecnica ad hoc
per risolvere un problema particolare.
- Infine verranno dati dei suggerimenti per la didattica.
- Il lavoro si conclude con un'appendice in cui vengono
riportati alcuni argomenti accessori e
illustrate alcune semplici esperienze.
Ovviamente sarò felicissimo di avere scambi di idee
con tutti coloro che avranno
critiche, commenti o proposte sul testo.
Giulio D'Agostini Roma, Maggio 1998
Questa versione corretta ha beneficiato dei commenti di Maria
Grazia Ianniello e dell'attentissima lettura di Marco Schioppa.
Roma, Gennaio 1999
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Giulio D'Agostini
2001-04-02