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Probabilità e scommesse eque

Avendo chiarito che una probabilità è da ritenersi sempre come probabilità condizionata ci resta ancora da trovare una regola generale e operativa per valutarla, ovvero dare una ``definizione'' che vada oltre il concetto intuitivo e che non sia limitata ai casi stereotipati degli eventi equiprobabili o delle prove effettuate in condizioni di equiprobabilità.

Un modo di superare l'impasse è quello di far ricorso al concetto di scommessa, percepibile a livello intuitivo da tutte le persone razionali. Finora, quando si è fatto uso del termine scommessa al fine di provocare un giudizio di maggiore probabilità fra più eventi alternativi, si è sempre indicata, o lasciata immaginare, una scommessa alla pari con l'intento di vincere. Ad esempio, considerando il lancio di un dado, dovendo scommettere pro o contro il ``6'', si è d'accordo che conviene puntare contro. Il solo problema è ...trovare il pollo che accetti la scommessa.

Se invece si propone che chi gioca sul ``6'' punta mille lire e chi contro 99 mila lire si capisce come il problema si rovesci.

In entrambi i casi le scommesse hanno un verso privilegiato. Mentre nel primo caso nessuno era disposto a puntare 1000 lire per vincerne 2000, ora tutti sono favorevoli a giocare la stessa cifra per vincere 100 mila. Chiaramente il segreto non sta nell'importo superiore, perché nessuno punterebbe 50 mila sul sei per vincerne 100 mila. Così nessuno gioca alla pari contro la vittoria in casa della capolista del campionato di calcio nella partita contro l'ultima in classifica, ma potrebbe accettare la scommessa per vincere 10, 100 o 1000 volte la puntata.

Questo ci insegna che la puntata massima $ A$ che si è disposti a scommettere per ricevere una somma $ S$ se l'evento $ E$ si verifica e niente se non si verifica (eventualmente con le dovute condizioni) è proporzionale a quanto si crede che l'evento possa accadere, ossia

$\displaystyle A$ $\displaystyle \propto$ $\displaystyle P(E)\,,$  

e all'importo $ S$ che si può vincere
$\displaystyle A$ $\displaystyle \propto$ $\displaystyle S\,.$  

Quindi

$\displaystyle A = P(E)\cdot S\,.$ (2.8)

Se si ritiene che l'evento sia praticamente impossibile non si è disposti a puntare niente. Se si è assolutamente sicuri si arriva a puntare $ S$ (con la certezza di riprendersi poi i soldi).

Questa relazione potrebbe essere usata per valutare la probabilità se ci si convince che $ A$ non rappresenta soltanto la quota massima da pagare, bensì quella giusta. Infatti se fosse possibile giocare una puntata $ A^\prime$ inferiore ad A il gioco sarebbe conveniente, se invece $ A^\prime$ fosse superiore ad $ A$ la scommessa sarebbe inaccettabile, a meno di non invertirne il verso (diventando così conveniente).

La puntata $ A$ rappresenta quindi la puntata giusta che lascia il giocatore in dubbio in quale direzione giocare. Una scommessa di questo tipo è chiamata equa o coerente. Essa può essere usata per valutare $ P(E)$.

La scommessa di una puntata $ A$ per vincere $ S$ se l'evento $ E$ si verifica e perdere $ A$ nel caso contrario, tale che essa risulti accettabile da una persona razionale in entrambe le direzioni, implica la valutazione di probabilità

$\displaystyle P(E) = \frac{A}{S}\,.$ (2.9)

La (2.9) impone dei vincoli su $ P(E)$. Siccome nessuna persona razionale è disposto a scommettere $ A > S$ o ad accettare una scommessa di $ A < 0$ (si provi ad immaginare le conseguenze di quest'ultimo caso!) ne segue che

$\displaystyle 0 \le P(E) \le 1\,.$ (2.10)

Questa è la prima delle regole che la probabilità deve soddisfare, che avevamo già incontrato precedentemente come scala arbitraria e che ora diventa una ``scala naturale''.

Un modo di immaginare una valutazione di probabilità in base alla scommessa coerente è che, una volta che una persona abbia valutato $ P(E)$ e stabilito una quota $ A$ in base allla vincita totale $ S$, l'altra persona scelga se puntare su $ E$ o contro di esso. Si tratta dello stesso principio che si applica nella suddivisione di una eredità o di una semplice torta fra due persone: la migliore garanzia di equità è che uno dei due faccia le parti e l'altro scelga. Con questa regola anche un bambino dividerebbe la torta in due parti praticamente uguali: ogni volta che si accorge che l'altro potrebbe guadagnarci scegliendo la parte visibilmente più grande riaggiusta la traiettoria del coltello.


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Giulio D'Agostini 2001-04-02