Si sarebbe tentati di dire addirittura ``acquisire'',
anziché
``modificare'', lo stato di conoscenza,
come ad indicare che la conoscenza si possa creare
dal nulla nell'atto della misura. Non è difficile convincersi
che nella maggior parte dei casi si tratta invece soltanto di
un aggiornamento alla luce di
fatti nuovi e di un certo raziocinio.
Prendiamo ad esempio la misura della temperatura di una stanza
effettuata
con un termometro digitale - tanto per escludere
contribuiti soggettivi alla lettura dello strumento -
e supponiamo di ottenere 21.7 C. Anche se
si potrà dubitare del decimo di grado, indubbiamente la misura
è servita a restringere l'intervallo di temperature
ritenute plausibili prima della misura - quelle
compatibili con la sensazione di ``ambiente confortevole''.
In base alla conoscenza del termometro, o dei termometri
in generale, ci saranno valori di temperatura in un certo
intervallo intorno a 21.7
C ai quali crediamo di più
e valori al di fuori ai quali crediamo di meno.
È però altresì chiaro che se il termometro
avesse indicato, a parità di sensazione fisiologica,
17.3 C si sarebbe tentati a ritenere che il
termometro non funzioni bene. Non si avrebbero invece
dubbi sul suo malfunzionamento se esso avesse indicato
2.5
C!
I tre casi corrispondono a tre diversi gradi di aggiornamento della della conoscenza. Nell'ultimo, in particolare, l'aggiornamento1.5è nullo.
Questi esempi indicano che lo stesso concetto di probabilità con cui classificavamo le previsioni dei risultati di un esperimento intervengono nella valutazione dei possibili valori di una grandezza fisica o di ipotesi scientifiche alternative. Lo scopo delle misure è - ripetiamo - quello di modificare tali probabilità.
Il processo di apprendimento dalle osservazioni sperimentali è chiamato dai filosofi induzione. Probabilmente a molti lettori sarà anche noto che in filosofia esiste l'irrisolto ``problema dell'induzione'' dovuto alla critica di Hume a tale processo. Essa può essere sintetizzata affermando che l'induzione non è giustificata, nel senso che è impossibile dimostrare che da certe osservazioni possano seguire necessariamente determinate conclusioni scientifiche. L'approccio probabilistico che abbiamo appena abbozzato, e che risulterà più chiaro nel seguito, sembra essere l'unica via d'uscita a tale critica.