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Semplici valutazioni di probabilità

Se si chiede a qualsiasi persona quanto vale la probabilità dell'esito di eventi elementari, come una certa faccia nel lancio di una moneta o di un dado, si otterrà essenzialmente la risposta ``giusta'' di 1/2 e 1/6 rispettivamente. Anche se si rivolge la domanda, opportunamente formulata, a un bambino o una persona di scarsa cultura1.7, cioè che non sia in grado di esprimere il risultato sotto forma di frazione o di numero razionale, si ottiene sostanzialmente una risposta equivalente: ``non c'è ragione di ritenere un esito più probabile degli altri''; ``tutte le faccie hanno la stessa possibilità di uscire''. Cioè si esprime un giudizio di equiprobabilità - di indifferenza - sugli esiti.

Che tutti siano in grado di effettuare in modo intuitivo valutazioni di probabilità in situazioni semplici può essere facilmente verificato ponendo opportune domande. Per esempio, consideriamo il classico dado e interessiamoci agli eventi $ E_1=$``6'', $ E_2=$``numero pari'', $ E_3=$``$ >$1''. Si proponga un gioco nella quale chi indovina vince un premio, oppure una semplice scommessa alla pari, ovvero in cui se si vince si riceve il doppio di quanto si è puntato. Tutti scommetteranno sull'esito che ``riterranno più probabile'' e anche un bambino sceglierà l'evento $ E_3$, perché ``è quello che uscirà più facilmente''. Non è difficile convincersi che il ragionamento seguito a livello intuitivo è quello espresso in modo molto chiaro dal filosofo Hume:

There is certainly a probability ...

Un altro caso di valutazione che porta a giudizi concordi è quando si mostrano risultati di un esperimento, che in principio può essere complicato a piacere, ma che può essere schematizzato in un certo modo standard che illustreremo fra poco. Ad esempio si può usare un contatore di radioattività e osservare il numero di conteggi registrato in un piccolo intervallo di tempo.

Figura: Istogramma del risultato di cento misure di conteggio. Il simbolo ``$ \char93 $'' sta per ``numero''. Il termine ``evento'' è qui usato - come avviene usualmente - nel senso di ``occorrenza'' o ``numero di volte''. Quale valore credete si verificherà in una ipotetica 101-ma misuare effettuate nelle stesse condizioni?
\begin{figure}\centering\epsfig{file=fig/dago31_3s.eps,width=0.6\linewidth,clip=}\end{figure}

Si effettuano un certo numero di osservazioni, diciamo 100, nelle quali 56 volte si sono verificati zero conteggi, 32 volte un conteggio, 9 volte due, 2 volte tre e 1 volta quattro (vedi figura 1.3). Se prima di effettuare la 101$ ^{ma}$ misura si chiede a coloro che hanno assistito all'esperimento quale numero si verificherà, eventualmente provocando la risposta con una scommessa alla pari, la risposta sarà scontata. Così pure emergerà spontaneamente che: ``la probabiltà dello zero è del 56%'', ``lo zero ha circa il doppio di possibilità di uscire rispetto all'uno'', e così via. Addirittura non ci sarà nessuno disposto a scommettere che non uscirà ``mai'' un numero superiore al quattro, anche se affermerà che gli ``sembra poco probabile''.

Se però si sposta il contatore in un'altra stanza, oppure lo si cambia con uno della stessa marca e modello, o ci si mette intorno uno schermo di piombo o una sostanza misteriosa, o semplicemente lo si spegne e poi lo si riaccende, nessuno risponderà più con la stessa sicurezza: ``proviamolo un po' e poi vediamo'', proporranno.

Infatti il giudizio che faceva ritenere più probabili quanto era accaduto più frequentemente nel passato si basa su considerazioni del tipo: ``il rivelatore sembra essere andato a regime''; ``perché mai la radioattività dovrebbe cambiare nel giro di qualche minuto?''; ``non mi sembra di aver osservato variazioni nel modo di fluttuare dei numeri fra i diversi valori che di volta in volta si presentavano'', ``credo che nei prossimi minuti il sistema si comporti come negli ultimi minuti''.

Si noti inoltre che, mentre si è disposti ad affermare che la probabilità di zero conteggi alla 101$ ^{ma}$ osservazione sia del 56% (benché accompagnato da un doveroso ``circa'' prudenziale), si è molto più cauti a dire che la probabilità di quattro sia 1% o che quella di numeri superiori sia nulla. In questo caso il ``circa'' di prima diventerà un più eloquente ``all'incirca'' accompagnato da vistose ondulazioni della mano. E anche lo ``0%'' diventerà un ``sembra al più dell'ordine del percento''.

Possiamo quindi dire che il ragionamento che portava a questo secondo modo di valutare la probabilità sia legato a un giudizio sull'uniformità nel tempo delle prove (processo fisico e strumentazione) passate e future, confortato da un grande numero di risultati.


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Giulio D'Agostini 2001-04-02