Il rivelatore descritto può essere quindi utilizzato, almeno in linea di principio, per stabilire il livello di radioattività ambientale, misurata in numero di conteggi al secondo. Per quanto detto sul rivelatore, è chiaro che c'è molta arbitrarietà in questa misura, in quanto il numero di conteggi registrato in un certo intervallo di tempo dipende dalla tensione applicata al fotomoltiplicatore e dalla soglia scelta. Inoltre, contando semplicemente il numero di segnali che superano una certa soglia, si perde l'informazione sulla ionizzazione prodotta da ciascuna delle particelle rivelate. Un altro fattore che complica l'interpretazione dei risultati è che non sempre un conteggio è causato da radioattività, ma può essere dovuto a rumore interno allo strumento. Quindi per passare dai numeri osservati ad un valore assoluto di radioattività che possa essere di qualche utilità ad un altro ricercatore occorre definire opportune procedure di misura e di calibrazione.
Per ora non ci preoccupiamo di questi importanti problemi e operiamo come se esistessimo solo noi e il nostro contatore. Assumiamo inoltre che il rumore sia trascurabile. Applichiamo la tensione di alimentazione al rivelatore, aspettiamo un po' che esso si stabilizzi e controlliamo che il contatore effettivamente funzioni, eventualmente agendo sul valore di soglia in modo tale da variare la frequenza di conteggio. Quindi regoliamo la soglia in modo tale da registrare soltanto particelle che producono un'alta ionizzazione, ottenendo così una frequenza di conteggio molto bassa (è il caso più interessante dal punto di vista statistico).